Trans-shipment fraud nel commercio internazionale: falsificazione dell’origine del prodotto

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Capita purtroppo non di rado nella prassi del commercio internazionale che il produttore di beni destinati all’estero riceva dal proprio cliente richieste di triangolazione della merce attraverso Paesi terzi rispetto la sede del compratore, richiesta cui a volte viene dato seguito, al fine di non perdere l’affare o la commessa.

Il meccanismo tipico di tale sistema è quello di indirizzare la merce a una società controllata dal reale acquirente (o comunque di comodo), società che poi provvederà a trasferire i beni all’effettivo destinatario.

Ciò che tuttavia spesso accade durante il passaggio dei beni presso lo Stato di transito è la (fittizzia) nazionalizzazione della merce, attraverso la falsificazione dei documenti di trasporto e le dichiarazioni di produzione accompagnatorie, cosicché il destinatario finale possa giovarsi di differenti (e meno onerosi) dazi di importazione.

Ciò, con tutta evidenza, costituisce un reato, regolamentato sia a livello nazionale dalla legislazione dei singoli Stati, sia a livello internazionale attraverso la Convenzione di Kioto del 1973 per la semplificazione e l’armonizzazione dei sistemi doganali, ratificata fra i molti Paesi aderenti anche dall’Italia.

In questo contesto eventuali condotte adesive del produttore/esportatore alle richieste del compratore estero (ad esempio: omissione della marchiatura del prodotto; descrizione generica dei beni esportati; ecc.) potrebbero comportare conseguenze pregiudizievoli per lo stesso produttore, sia in sede civile, che in sede eventualmente penale.

Sotto il primo profilo, il produttore che in qualche modo agevola una fittizia nazionalizzazione nello Stato di transito, di fatto danneggia il proprio brend e la propria competitività sul mercato estero, posto che i suoi prodotti (originali) circoleranno nello Stato finale di importazione con altro nome e a prezzo più basso, rendendo difficili eventuali tutele.

Secondariamente, qualora vi dovesse essere vera e propria collusione del produttore con l’utilizzatore finale dei prodotti, non possono escludersi rilevanze penali di tali condotte.

Ad esempio, va ricordato che la Customs Law of the People’s Republic of China, al capitolo VIII, Art. 82-83-84 contempla sanzioni (piuttosto pesanti) a carico dell’importatore (e di chiunque lo agevoli) per la violazioni delle norme volte alla elusione delle regole doganali, al contrabbando e/o alla falsificazione dei documenti accompagnatori della merce (tutte fattispecie che concorrono a costituire la trans-shipment fraud).

Si tratterà quindi di verificare con estrema attenzione eventuali richieste di triangolazione delle merci inoltrate dal cliente estero, al fine di prevenire i rischi conseguenti.

Avv. Matteo Zanotelli

 

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