Oggi su Il Sole 24 Ore ho commentato le indicazioni dell’ODCEC di Milano in tema di allerta inter
Oggi su Il Sole 24 Ore ho commentato l’iniziativa dell’ODCEC di Milano, che con la pubblicazione del quaderno numero 71 “Sistemi di allerta Interna” è intervenuto nello scorso giugno proponendo un robusto set di linee guida, su uno degli aspetti più delicati di controllo e vigilanza societari, costituito dalla individuazione tempestiva della emersione della crisi.
La questione non è nuova, nella misura in cui da tempo immemore l’organo di controllo societario è tenuto a monitorare la permanenza della continuità aziendale, il revisore legale nel momento in cui eroga un giudizio su un progetto di bilancio formato secondo principi contabili di funzionamento, ed il collegio sindacale quando la medesima circostanza accerta nella relazione che lo accompagna, nell’ambito delle proprie funzioni di vigilanza. Molte però sono le indicazioni che nello scorso biennio si sono succedute, e che tendono ad estendono il compito dell’organo di controllo, secondo un approccio che gli anglofoni chiamano early stage approach, ben oltre il controllo di legalità sul progetto di bilancio. Già con la raccomandazione 2014/135/UE la Commissione Europea, al paragrafo sei, invoca la possibilità per imprenditore di accedere alla ristrutturazione in una fase il più possibile precoce della crisi, nello spirito di favorirne una rapida soluzione, limitare il danno per i creditori, e creare le condizioni per una reale seconda opportunità. Più recentemente la proposta di Direttiva 2016/0359 del 22 novembre 2016 (articolo 25, comma 2), destinata ad intervenire sulla efficienza delle procedure di ristrutturazione in riforma della precedente Direttiva 2012/30/UE, invita gli stati membri ad incoraggiare lo sviluppo di efficaci meccanismi di controllo delle condizioni di gestione. In Italia è noto come il disegno di legge delega per la riforma della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cosiddetto “disegno Rordorf”, approvato alla Camera il 27 gennaio 2017 (A.C. 3671-bis), disponga all’articolo 14, tra le modifiche al codice civile, che sia introdotto il dovere per l’imprenditore e gli organi sociali di istituire assetti organizzativi adeguati per la “rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale”. In questo contesto, in cui assume sempre più centralità l’esigenza di una diagnosi tanto precoce quanto meno invasiva delle condizioni di crisi, il documento dell’Odcec di Milano offre a sindaci e revisori un metodo, non semplice né banale, con cui confrontarsi nello svolgimento delle proprie funzioni.
Due i passaggi principali, il primo definitorio ed il secondo più operativo.
In attesa che prenda corpo la riforma Rordorf, il documento propone una definizione dello stato di crisi, nel suo evolversi, contribuendo così alla formazione del relativo principio giuridico che il disegno di delega prevede all’articolo 2, comma 1, lettera c). Due le prospettive, la prima evolutiva, che delinea i tratti essenziali dei diversi stadi dello sviluppo della crisi, dalla incubazione alla insolvenza conclamata, e la seconda definitoria. Dal punto di vista economico finanziario la crisi è secondo l’Odcec di Milano una situazione di incapacità a generare flusso di cassa adeguato alle obbligazioni assunte, misurata nella sua gravità dalla probabilità di default (Pd), e quindi dal rischio che si trasformi in insolvenza. Il trasferimento sul piano giuridico conduce a definire crisi la situazione attesa di tendenziale, temporanea (quindi reversibile), seppur seria, inadempienza contrattuale.
Il quaderno dell’Odcec di Milano dedica anche ampio spazio all’operatività, delineando una proposta di procedura sofisticata di acquisizione ed elaborazione di informazioni quali-qualtitative, finalizzata a realizzare un efficace sistema di allerta preventivo. L’impianto trova applicazione in sei fasi successive (vedi grafica a lato), dalla raccolta delle informazioni segnaletiche (early warnings) costituite da eventi pregiudizievoli e da anomalie comportamentali nei pagamenti, nei rapporti negoziali ed erariali e nelle politiche di bilancio e gestionali, alla loro interpretazione sulla base delle ulteriori informazioni ricevute dalla direzione e delle analisi revisionali ed economico aziendali operate. L’intero approccio poggia sul presente, che evidenzia la gravità della condizione aziendale, ma soprattutto sul prevedibile futuro, che solo può misurare la capacità aziendale endogena di recupero, e l’eventuale necessità di interventi straordinari ed urgenti.
L’Odcec di Milano non trascura inoltre di occuparsi delle realtà minori, dotate di organizzazione e sistemi informativi essenziali, e nelle quali lo standard operativo per sindaci e revisori richiede una semplificazione. La precisazione è importante, posto che la diligente esecuzione del proprio incarico è per gli organi di controllo indissolubilmente saldata in diritto alla correttezza e difendibilità dell’approccio metodologico, e che quindi le best pratice devono essere in ugual misura autorevoli ed applicabili nel concreto per evitare che incidano patologicamente sulla loro responsabilità, innescando la violazione dell’art. 1176, comma 2, del Codice Civile.
L’Odcec di Milano, pur difendendo la flessibilità della procedura proposta, espone un approccio più essenziale per le società di minore dimensione, ammesse alla formazione del bilancio in forma semplificata (articolo 2435bis Codice Civile) o rientranti tra le piccole imprese secondo i parametri dell’articolo 3 della Direttiva 2013/3/UE. La semplificazione, che riduce a tre le fasi essenziali di analisi (vedi grafica a lato), non tradisce però l’approccio di fondo, che rimane ancorato alla verifica della situazione aziendale consuntiva ma soprattutto delle linee evolutive della gestione e dei relativi risultati economici e finanziari. La società deve quindi acquisire una logica di programmazione, che peraltro costituisce sano e corretto principio di amministrazione, capace di esprimere una affidabile previsione della gestione. All’emergere dei primi sintomi di difficoltà l’organo di controllo è chiamato a verificare, sulla base di una proiezione concreta, che non includa radicali modificazioni nella gestione e tuttavia evidenzi gli elementi di innovazione rispetto al passato, se il flusso di cassa sia ragionevolmente in grado di “servire il debito”, e quindi sufficiente per prevedere un regolare e tempestivo adempimento agli obblighi contratti con istituti finanziari (interessi passivi e rimborso di capitale) e con le amministrazioni erariale e previdenziale.
L’iter proposto dall’Odcec di Milano agli organi di controllo prevede che l’analisi del budget previsionale, formulato nei termini delineati, si accompagni alla verifica dell’impatto di possibili scenari alternativi sulle principali determinanti (ricavi, margini, struttura, capitale circolante operativo) attraverso l’applicazione dello stress test, per giungere ad una attendibile stima del flusso di cassa, da contrapporre all’entità del servizio al debito. Altrettanto importante la definizione di un complesso pur essenziale di indicatori di controllo, che nel tempo possano efficacemente segnalare gli scostamenti dei risultati raggiunti rispetto alle previsioni. L’Odcec di Milano suggerisce l’utilizzo del MOL e della Posizione finanziaria netta, parametri che hanno il pregio di unire contenuti economici ad effetti finanziari.
L’approccio semplificato non consente alcuna assegnazione di rating e conseguente misurazione della probabilità di default, entrambi output naturali della procedura di allerta destinata alle grandi imprese, e tuttavia concordiamo nel ritenere sia un valido ausilio per una vigilanza ragionata ed efficace nelle realtà minori.