Claudio Ceradini su Crisi, Gestione e Rilancio d’Impresa (DRC). Nano imprese, UE ed obblighi di controllo. Il punto.
Ho avuto recentemente l’opportunità di commentare su una nuova rivista, di cui mi fa molto piacere essere parte con molti cari amici del Comitato scientifico (http://www.drcnetwork.it/riviste/rivista-crisi-e-rilancio-impresa), della vicenda recente che interessa gli obblighi di nomina dell’organo di controllo per le cosiddette nano-imprese.
E’ stata un’occasione per richiamare quanto è accaduto, e contestualizzarlo. La vicenda è in realtà diventata un po’ un balletto. A prescindere dalla reale utilità, aspetto delicato, che dipende dalle scelte strategiche del legislatore e che nella Comunità Europea ha trovato declinazione molto diversa da paese a paese, un obbligo che sembrava definito ed ormai effettivo è stato di volta in volta prorogato e modificato, al punto che ormai se ne riparlerà più o meno tra due anni, all’approvazione dei bilanci relativi all’esercizio che chiuderà il 31 dicembre 2021.
La novità arriva per la prima volta con la riforma della disciplina della crisi. Il nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza, destinato a sostituire la datata e per certi aspetti anacronistica Legge Fallimentare, che risale al 1942, interviene modificando l’articolo 2477 del Codice Civile. La modifica è tra quelle, poche, che entra in vigore rapidamente, il 16 marzo 2019. L’intento è quello di contribuire ad un modello virtuoso, fondato su tre capisaldi:
- (i) l’obbligo esteso a tutte le forme collettive di esercizio dell’impresa di istituire adeguati assetto organizzativi, funzionali anche alla emersione della crisi in fase precoce,
- (ii) l’introduzione dell’inedito istituto delle procedure cdi composizione assistita della crisi, ed infine
- (iii) l’estensione dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo, che avrebbe contribuito alla affidabilità dell’informativa sociale e giocato, nel contempo un ruolo fondamentale e propulsivo, segnalando nell’inerzia degli amministratori la sussistenza di fondati indizi di difficoltà all’Organismo di Composizione della Crisi di Impresa (OCRI).
L’introduzione delle procedure di allerta, confidenziali e stragiudiziali, richiede in effetti strumenti adeguati per superare talvolta la reticenza degli imprenditori ad affrontare il problema, nel presupposto che solo facendola emergere con sollecitudine sarà possibile agire tempestivamente e cercare una soluzione prima che sia troppo tardi, riportando l’azienda in equilibrio e allontanandola dal rischio di insolvenza. In molti erano preoccupati per i paventati effetti della prima applicazione degli indicatori. Un numero esorbitante di imprese avrebbe ingenerato le allerte al momento della loro introduzione. L’opera intelligente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili che aveva individuato, in forza di una delega spinosa, per usare un eufemismo, gli indicatori e soprattutto normato il loro utilizzo, aveva sedato le ansie, almeno parzialmente. Ci ha pensato poi la diffusione pandemica del Covid-19, ed i conseguenti effetti, prima di tutto sociali e sanitari, ma subito dopo economico e finanziari a rinnovare le preoccupazioni. Di qui la reiterata proroga, sia dell’entrata in vigore del Codice della crisi e quindi anche delle procedure di composizione assistita, sia, ed in parte di conseguenza, dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo per le nano-imprese.
Tutto era pronto, al punto che il Cndcec aveva emanato in forma definitiva la guida per la revisione legale nelle “nano-imprese“. La questione era rilevante all’epoca, proprio perché il 16 dicembre 2019 era decorso il termine per la nomina dell’organo di controllo o del revisore, in forza delle nuove e ridotte soglie di cui all’articolo 2477 del Codice Civile. I nuovi nominati erano quindi tenuti ad organizzarsi, ed a provvedere con una certa urgenza ai controlli sui bilanci relativi all’esercizio in chiusura, ed era essenziale disporre di una linea guida qualificata. La revisione legale nelle entità cosi piccole è complessa e richiede un drastico adeguamento dei principi di revisione, resi obbligatori in Italia dalla determina ministeriale del 23 dicembre 2014 nel set denominato ISA Italia. È pur vero che il principio di fondo è l’adattabilità dell’approccio revisionale alle realtà più o meno complesse, ma di fatto l’operazione non è per nulla semplice, se anche nella comunità europea si discute su quale impostazione dare alla revisione delle entità meno complesse (less complex entities – Lce) ed in molti suggeriscono caldamente che ci si orienti verso l’emissione di un set dedicato. La guida del Cndcec aiuta, incidendo su punti problematici del processo di revisione, e cioè la fase preliminare di pianificazione in contesti piccoli (le nano-imprese) in cui il controllo interno, e cioè la capacità di prevenire o successivamente correggere gli errori, è perlomeno precario.
Venendo ai punti essenziali della riforma, il D.Lgs 14/2019 ha introdotto tre ordini di modifiche all’articolo 2477 del Codice Civile.
Un primo aspetto riguarda le soglie. Inizialmente erano state allineate, numericamente, alla definizione comunitaria di micro impresa. Successivamente, probabilmente per tentare da un lato di ampliare la platea di società a responsabilità limitata sottoposte all’obbligo di controllo e dall’altro non imporre obblighi troppo onerosi rispetto al beneficio in termini di affidabilità dell’informativa nelle società di piccole dimensioni, il Decreto “sblocca cantieri” (Legge n. 55 del 14 giugno 2019), ha innalzato, e precisamente raddoppiato, le nuove soglie appena fissate ed entrate in vigore il 16 marzo 2019.
Prima della
riforma |
Soglie Decreto legistativo 14/2019
16 marzo 2019 |
Soglie dopo “sblocca cantieri”
attuale |
|
Fatturato | Euro/mln 8,8 | Euro/mln 2,0 | Euro/mln 4,0 |
Attivo | Euro/mln 4,4 | Euro/mln 2,0 | Euro/mln 4,0 |
Dipendenti | 50 | 10 | 20 |
Rispetto alla discussione sulle soglie, se siano alte o basse, vale la pena di dare uno sguardo alle scelte operate nella Comunità Europea. Sulla base dell’Accounting Directive del 2013, l’obbligo, per le piccole imprese di nominare un revisore legale è decaduto, pur rimanendo in capo agli stati membri la possibilità di prevederlo in casi specifici. Nella realtà (si veda “Audit exemption threshold in Europe”, https://www.accountancyeurope.eu/publications/audit-exemption-thresholds-in-europe/) gli Stati Membri hanno compiuto scelte molto diverse tra loro, operando inoltre e solo recentemente modifiche non trascurabili, come in Italia. Ad esempio tra la metà del 2016 e l’inizio del 2019, Cipro, Estonia, Italia e Romania hanno diminuito le soglie, mentre altri come Danimarca e Irlanda le hanno rese di più difficile superamento; altri ancora poi, in modo meno lineare, hanno adottato decisioni divergenti, sfocianti in continue oscillazioni delle soglie.
Di seguito un quadro di sintesi:
soglie | |||
Ricavi | Attivo | Dipendenti | |
Belgio | 9.000.000 | 4.500.000 | 50 |
Francia(*) | 8.000.000 | 4.000.000 | 50 |
Germania | 12.000.000 | 6.000.000 | 50 |
Italia | 4.000.000 | 4.000.000 | 20 |
Spagna | 5.700.000 | 2.850.000 | 50 |
Svezia | 300.000 | 150.000 | 3 |
Uk(**) | 13.082.000 | 6.541.000 | 50 |
Danimarca(***) | 1.075.000 | 537.000 | 12 |
3.000.000 | 1.500.000 | 50 | |
Austria | 10.000.000 | 5.000.000 | 50 |
Grecia | 8.000.000 | 4.000.000 | 50 |
Finlandia | 200.000 | 100.000 | 3 |
(*) soglie in vigore da maggio 2019 (Decree 2019-514); le precedenti obbligavano ad un full audit in caso di superamento dei seguenti valori: Ricavi Euro 3.100.000, attivo Euro 1.550.000 e numero medio di dipendenti 50.
(**) le soglia in UK espresse in sterline sono rappresentate al cambio previsto dalla normativa locale di recepimento della Direttiva 2013/34/UE
(***) il superamento della soglia inferiore consente la scelta tra extended review o full audit; il superamento della soglia superiore rende obbligatorio il full audit.
Un secondo aspetto riguarda l’innesco dell’obbligo. La riforma dell’articolo 2477 del Codice Civile interviene anche su questo: basterà il superamento di uno (e non più due) dei limiti, per due esercizi consecutivi per far scattare l’obbligo di nomina dell’organo di controllo. Non dovrà essere il medesimo dei tre indicatori ad essere superato per due volte di fila, ben potendo nei due esercizi consecutivi essere superati parametri diversi tra i tre. Infine, terzo aspetto, è diventato più lungo anche il periodo di mancato superamento dei limiti che comporta la cessazione dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo. Bastavano due esercizi consecutivi prima, ora diventano tre, ed è necessario che nessuno dei tre limiti sia stato superato.
Da un assetto apparentemente chiaro, come spesso accade le nuove disposizioni hanno subito una serie di proroghe, non sempre coordinate tra loro. L’articolo 389, comma 2, del D.Lgs 14/2019 aveva previsto un periodo di vacatio legis trenta giorni dal momento di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 14 febbraio scorso. I nuovi obblighi sono quindi entrati in vigore il 16 marzo 2019, e prevedevano un ulteriore periodo transitorio di nove mesi per consentire alle società destinatarie delle novità di adeguare gli statuti, se necessario, e per provvedere alle nomine. Il 16 dicembre 2019, quindi, i più diligenti vi hanno provveduto. Quindici giorni dopo, il 30 dicembre 2019, il Decreto Milleproroghe (Decreto Legge n.162/2019), modificava l’articolo 379, comma 3, primo periodo, del D.Lgs 14/2019 stabilendo che gli organi di controllo o il revisore debbono essere nominati entro la data di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2019, stabilita ai sensi dell’articolo 2364, secondo comma del codice civile. Il primo bilancio da revisionare obbligatoriamente diventa quindi quello relativo all’esercizio che chiuderà il 31 dicembre 2020. La scelta sarebbe sembrata anche ragionevole, se non fosse che è intervenuta a nomine già fatte. Ma non è finita, perché l’art. 51bis della L. 77/2020, di conversione del Decreto cosiddetto Rilancio, ha ulteriormente rinviato la decorrenza dell’obbligo di nomina all’approvazione del bilancio relativo all0esercizio che chiuderà il 31 dicembre 2021, e quindi per molti all’aprile del 2022.
Se ne riparlerà quindi tra due anni, più o meno, con buona pace di chi ha provveduto alle nomine, diligentemente, operando una scelta che non pare ritrattabile. Il Decreto Milleproroghe non fornisce alcuna indicazione per le società che hanno nominato l’organo di controllo nel rispetto dell’originario termine del 16 dicembre 2019. Fin da subito si è ritenuto che senza una disciplina specifica in senso contrario i sindaci o i revisori nominati fossero tali a tutti gli effetti e non legittimati ad esimersi dal procedere a verifiche e controlli dei conti chiusi al 31 dicembre 2019 e dall’espressione del relativo giudizio professionale.
Giusto qualche giorno fa i Ministeri dell’Economia e delle Giustizia, rispondendo all’interrogazione numero 3-01842, uniformandosi all’orientamento espresso dal Cndcec e dalla Fondazione Dottori Commercialisti con documento diffuso il 15 ottobre, hanno confermato che la revoca del revisore nominato, possibile solo nei casi disciplinati dall’articolo 4, comma primo, lettera i) del Decreto Ministeriale 261/2012, non è in questo caso ammissibile. Le modifiche intervenute costituirebbero infatti una proroga del termine massimo in cui provvedere alle nomine, cosicchè non potrebbe essere addotta sopravvenuta insussistenza dell’obbligo per intervenuta carenza dei requisiti di legge. L’orientamento è opinabile, trattandosi di prima applicazione che dipende dai parametri soglia dei due esercizi precedenti, e quindi di per sé variabili e non necessariamente corrispondenti, ma è inutile lamentarsene. Parimenti impraticabile la strada delle dimissioni, che il revisore non può liberamente rassegnare. Le modifiche normative non sembrerebbero costituire circostanza idonea ai sensi dell’articolo 5 del già citato regolamento.
Per i sindaci il discorso potrebbe essere diverso. Non possono essere revocati, ma possono dimettersi. e fatto salvo il caso del naturale decorso del periodo di nomina non è applicabile la prorogatio.
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