Concordato preventivo e misure protettive nel nuovo Codice della Crisi. Claudio Ceradini su Il Sole 24 Ore
Su Il Sole 24 Ore di ieri, 24 febbraio, ho commentato uno degli aspetti del nuovo Codice della crisi e dell’Insolvenza che richiede di essere interpretato, se non urgentemente chiarito. Rimangono infatti disallineati la durata del percorso concordatario ed il periodo di efficacia delle misure protettive anche dopo il decreto correttivo approvato in Consiglio dei ministri lo scorso 13 febbraio, che integra e modifica il testo del nuovo Codice. Il legislatore ha compiuto due scelte. Da un lato non ha recepito il principio oggi contenuto all’articolo 168, primo comma, della Legge Fallimentare che dispone il divieto di inizio e prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari individuali sino al momento in cui il decreto di omologa del concordato diviene definitivo, a prescindere dalla durata della procedura, e dall’altro ha introdotto, in ossequio alle indicazioni della Direttiva Insolvency (Dir. UE 2019/1053), un principio generale di durata massima delle misure protettive di 12 mesi, inclusi rinnovi e proroghe.
La conseguenza della duplice scelta, se interpretata letteralmente, è che nella nuova disciplina del codice della crisi l’inibizione delle procedure esecutive e cautelari potrebbe esaurirsi prima della conclusione della procedura, consentendo ai creditori di riacquistare il diritto di assumere tutte le iniziative loro concesse a tutela dei loro individuali interessi. Alcuni di loro potrebbero acquisire cause di prelazione nuove e valide, tali da incidere sulla relativa gerarchia e sulle priorità dei pagamenti che la proposta concordataria prevede. La questione potrebbe dirsi teorica se i dati statistici del Ministero della Giustizia non evidenziassero durate medie delle procedure concordatarie ben più lunghe dei dodici mesi in molti distretti, al punto tale che non sembrerebbe sufficiente a ricondurre le durate medie in un ambito di sicurezza la riduzione, prevista nel nuovo Codice della crisi del periodo di prenotazione del concordato ad un massimo di centoventi giorni, proroghe incluse, rispetto agli attuali centottanta. Se il debitore, infine, accedesse alla procedura concordataria dopo aver fallito la composizione assistita della crisi, nuovo istituto di gestione precoce della difficoltà, il problema potrebbe aggravarsi. In quella fase il debitore che richieda la concessione delle misure protettive utilizzerebbe nel corso del tentativo quota anche non trascurabile dei dodici mesi, riducendo ancora di più il periodo di protezione disponibile per il percorso concordatario.
Tale quadro, se fosse confermato, pare poter indurre una oggettiva incertezza di piani e proposte concordatarie, cosicchè l’imperativo diverrebbe l’utilizzo molto parco ed accorto delle misure protettive da parte del debitore, che vi dovrebbe ricorrere solo in condizioni di reale pericolo per l’integrità funzionale del patrimonio, e raramente nelle “allerte”. In ogni caso un maggior coordinamento sarebbe auspicabile, per evitare che una novità ispirata ad una maggior tutela dei creditori non finisca per danneggiarli, rendendo improcedibili proposte concordatarie convenienti ed ormai in dirittura d’arrivo.
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