Claudio Ceradini su Il Sole 24Ore. Misure protettive nella crisi di gruppo. Tribunale Ravenna, 24 febbraio 2023
Una settimana fa circa il Sole 24Ore ha pubblicato un mio commento su un aspetto ancora, e per molto presumo, in divenire nella nuova disciplina della crisi. La crisi di gruppo è di per sé nuova, introdotta con il DL 118/2021 prima, e poi con il Codice della Crisi che a luglio 2023 compirà un anno di vita. Gli aspetti più operativi iniziano a trovare declinazione giurisprudenziale, e tra loro le misure protettive disponibili, in questa del tutto particolare situazione.
Secondo il tribunale di Ravenna (Ordinanza del 24 febbraio 2023) nella crisi di gruppo le misure protettive spettano solo alle società in continuità, a meno che il coordinamento unitario anche delle fasi liquidatorie non porti evidente vantaggio ai creditori. Un gruppo di società in crisi richiedeva ed otteneva l’ammissione alla composizione negoziata con applicazione provvisoria delle misure protettive, al fine di inibire azioni individuali che avrebbero compromesso la continuità e le opzioni di risanamento. La holding depositava subito istanza di conferma delle misure protettive, pur ammettendo come eventi sopraggiunti richiedessero di limitare il perimetro societario risanabile, e di destinare la quota residua del gruppo alla liquidazione e cessazione dell’attività. Il tribunale decretava positivamente, confermando lo stay protettivo, ma solo per il perimetro suscettibile di risanamento, articolando il proprio percorso interpretativo su due elementi, la natura del gruppo da risanare e la proporzionalità del provvedimento rispetto agli interessi dei creditori.
Il gruppo
Non è l’aritmetica a prevalere, cosicché il presupposto della risanabilità del gruppo non si fonda sulla didascalica circostanza che tutte le società che ne fanno parte possano salvarsi. Quello che conta è la sostanza gestionale ed organizzativa, che rende sinergica l’appartenenza al gruppo, per il realizzarsi di economie di scala, in ragione di complementarietà di mercato, o per altre ragioni ancora. Se tale unitarietà si conserva, anche in un perimetro limitato, ben può una parte del gruppo essere destinata alla liquidazione, e cessazione dell’attività, ed il risanamento riguardare solo le società comprese in quel più ristretto perimetro. È necessario che l’esperto confermi le prospettive di soluzione della crisi, pur ipotetiche in ragione della fase embrionale delle trattative, ed anche se basate su dati ancora privi del riscontro di veridicità e completezza. Le misure protettive potranno però riguardare solo il perimetro risanabile, a meno che anche la gestione delle fasi liquidatorie possa trovare nella organizzazione del gruppo coordinamento ed efficienza tali da consentire il realizzo di surplus economici, a vantaggio dei creditori. Se quindi l’appartenenza al gruppo consente di ridurre i costi ed aumentare l’efficacia delle iniziative volte alla dismissione degli asset non più strategici, l’efficacia protettiva potrebbe essere ampliata, a protezione proprio di quella azione coordinata e dell’interesse dei creditori nel massimo risultato economico possibile delle dismissioni.
La proporzionalità
La protezione concessa dalle misure inibitorie delle azioni individuali deve trovare equilibrio tra sacrificio imposto ai creditori e favore per le trattative ed il risanamento. Il contenimento delle iniziative, che il sistema di norma concede singolarmente ai creditori per la tutela dei propri interessi, deve trovare sponda nel vantaggio ritraibile dal risanamento, per misura e ragionevole probabilità di successo. Tipicamente, alcuni tra i creditori sono strategici, nel senso che in assenza di un solido rapporto con loro il piano di risanamento non regge. Nel caso di specie, su cui il tribunale di Ravenna si è pronunciato, dall’accordo con i proprietari degli immobili sede dell’attività alberghiera dipendeva la continuità e quindi il piano di risanamento. Concedere tempo alle trattative per individuare l’accordo è quindi di evidente vantaggio per il gruppo in crisi, ma la questione che rimane aperta è se il sacrificio imposto ai creditori sia proporzionato. La risposta sta nella verifica delle alternative concrete, per tempi e risultato prevedibile delle azioni individuali. Nella fattispecie l’esiguità patrimoniale del debitore ed i tempi richiesti per la liberazione forzosa dell’immobile non costituivano uno scenario particolarmente vantaggioso per quei creditori, cosicché la misura protettiva appariva sia utile che equilibrata.
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