Claudio Ceradini su Il Sole 24 Ore: affittare l’azienda in crisi è sempre più diffic
Mercoledì 5 aprile abbiamo commentato su Il Sole 24 Ore come si stia consolidando un orientamento giurisprudenziale che limita sostanzialmente l’iniziativa del debitore, per effetto del perimetro di operatività dell’art. 163bis L.F.. Può essere un problema molto serio, posto che al momento l’affitto dell’azienda è ancora lo strumento più efficace per preservare patrimonio aziendale e continuità, mentre gli strumenti di composizione della crisi vengono applicati ed esplicano i loro effetti.
Con la sentenza del tribunale di Ancona del 16 febbraio 2017, che dispone la procedura competitiva per l’affitto dell’azienda oltre che per la cessione nell’ambito di un piano concordatario, invece, si consolida una lettura giurisprudenziale restrittiva dell’art. 163-bis della Legge Fallimentare, che poco concede all’autonomia del debitore. L’introduzione dell’art. 163-bis (D.L. 83/2015), che prevede obbligatoriamente, quando il piano includa un accordo precostituito di cessione dell’azienda o dei beni, la individuazione con procedimento competitivo di potenziali ulteriori interessati, rispose all’esigenza di meglio contemperare gli opposti interessi del debitore ad elaborare autonomamente la proposta e dei creditori a minimizzare il proprio danno. In troppi casi i piani concordatari avrebbero contenuto, si dice, prezzi di cessione del patrimonio talmente favorevoli all’acquirente da risultare insopportabilmente, ed abusivamente, lesivi degli interessi dei creditori. Posto che probabilmente l’approccio corretto alla difesa dall’abuso è l’individuazione e la sanzione, anche dura, e non lo smantellamento delle aree di autonomia, i primi orientamenti sembravano concedere un pur limitato margine di iniziativa, perlomeno nella fase prenotativa, propedeutica alla presentazione del piano, in cui la disciplina dell’art. 163-bis trova applicazione, testualmente, “in quanto compatibile”. L’esenzione da procedura competitiva per l’affitto dell’azienda era stata accordata ad esempio in ragione dell’urgenza (tribunale di Bergamo, 23 dicembre 2015), in un caso in cui i tempi processuali non erano apparsi compatibili con le esigenze di mantenimento della continuità. La società aveva in quel caso esperito privatamente numerosi tentativi di selezionare interlocutori seri ed affidabili, sino ad individuarne uno, cui il tribunale per evitare il deperimento delle merci e la revoca degli ordini aveva concesso di assumere la gestione in affitto dell’azienda, rinviando la procedura competitiva al momento della cessione. Il caso di Bergamo è rimasto sostanzialmente isolato, e l’orientamento giurisprudenziale prevalente include l’affitto dell’azienda, oltre che la relativa cessione, tra gli atti soggetti a selezione competitiva, sia in esecuzione del piano, sia nella fase preliminare.
Sul tema una riflessione si impone, per individuare il perimetro dell’autonomia del debitore, oltre il quale debba intervenire il tribunale.
Si consideri il caso dell’affitto di azienda funzionale ad un piano in continuità diretta e destinato ad esaurirsi all’omologa della proposta concordataria, con conseguente restituzione dell’azienda al debitore (Tribunale di Rimini, 1 dicembre 2016). Posto che in tal caso il piano non prevede la cessione dell’azienda, il relativo affitto, prima o dopo l’ammissione, funzionale alla più agevole salvaguardia di continuità e patrimonio, dovrebbe potersi stipulare autonomamente, pur previa autorizzazione ai sensi dell’art. 161, comma sette, o 167 Legge Fallimentare.
Inoltre, e con riguardo specificatamente alla fase prenotativa, successiva al deposito di ricorso ai sensi dell’art. 161, comma sei, Legge Fallimentare ma antecedente al decreto di ammissione, si ricorre spesso all’affitto di azienda con il medesimo scopo conservativo nel corso delle fasi negoziali della definizione di un accordo di ristrutturazione del debito ai sensi dell’art. 182-bis Legge Fallimentare. E’ comprensibile l’atteggiamento imprenditoriale di chi approcci la trattativa di acquisto dell’azienda cui dedica tempo, risorse e denaro, privilegiando uno strumento contrattuale e privatistico che, pur privo di effetti purgativi, non impone da un lato alcuna competizione, e dall’altro nessun sacrificio ai creditori che non vi aderiscono. Il successo della trattativa e la formalizzazione dell’accordo che preveda con la cessione degli asset, aziendali o meno, la corresponsione ad ogni creditore di quanto pattuito e dell’intero a chi non avesse aderito (fatti salvi gli effetti eventuali dell’art. 182-septies), costituiscono uno scenario in cui l’esigenza di tutela degli interessi dei creditori viene meno, e con essa conseguentemente quella di mantenere un presidio processuale e competitivo alla individuazione dell’ dell’affittuario. L’autorizzazione all’affitto richiederebbe a favore del tribunale una informativa probabilmente superiore a quella puramente sommaria, sulla consistenza delle trattative e sulla probabilità di successo, e la tutela rimarrebbe immodificata nel caso di insuccesso del tentativo di accordo, posto che la cessione dell’azienda inclusa nel conseguente piano concordatario non sfuggirebbe alla procedura competitiva in applicazione del primo comma dell’art. 163-bis Legge Fallimentare.