Claudio Ceradini commenta su Il Sole 24 Ore la nuova attestazione della ragionevole certezza dei piani concordata
Si sta formando l’orientamento giurisprudenziale su un tema spinoso, che aggiunge difficoltà al già complicato ruolo dell’attestatore nei piani concordatari. Il giudizio di fattibilità diventa più forte, e più complesso, dopo la modifica introdotta con l’articolo 4 del Decreto Legge 83 del 27 giugno 2015 all’articolo 161, comma secondo, lettera e) della Legge Fallimentare, che impone al debitore di indicare nella proposta l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che si obbliga ad assicurare ai creditori.
Fu subito chiaro che il nuovo termine “assicurare” avrebbe richiesto al professionista incaricato ai sensi dell’articolo 161, comma tre, Legge Fallimentare un nuovo o perlomeno diverso giudizio di fattibilità di piano e proposta, che avrebbe dovuto attestarne una più elevata probabilità di successo. La domanda era, piuttosto, quale fosse il grado di probabilità richiesto, posto che il piano conserva ovviamente la sua natura prognostica. L’orientamento della giurisprudenza di merito inizia a offrire a questo proposito una risposta (vedi articolo a lato), imponendo al professionista attestatore un giudizio di fattibilità del piano concordatario in termini di ragionevole certezza (tribunale Torino 19/1/2017) o di sostanziale certezza (tribunale Frosinone 20/01/2017), che si attenua e diviene “solo” di elevatissima probabilità nei piani in continuità ai sensi dell’articolo 186-bis della Legge Fallimentare.
All’attestatore non resta che recepire l’orientamento desumendone gli effetti sul proprio operato, secondo una sola impostazione possibile, che non si basi tanto sulla distinzione ermeneutica e lessicale tra certezza ragionevole o sostanziale, o tra probabilità elevata od elevatissima, quanto invece su una attenta calibratura dell’approccio logico e di metodo all’incarico. Due ragioni sembrano condurre a questa conclusione: da un lato la natura giuridica dell’incarico, che assegna al professionista una obbligazione di mezzi, non di risultato, e dall’altro i contenuti del controllo giudiziale di ammissibilità della procedura. Sotto il primo profilo, già nel settembre del 2014 il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialiste ed Esperti Contabili approvava i principi di attestazione e quindi le linee guida cui l’attestatore deve riferirsi nello svolgimento dell’incarico, e che costituiscono lo standard più autorevole su cui misurare la diligenza adottata. Il capitolo sei prevede che la significatività della discontinuità strategica rispetto al passato, la designazione delle nuove politiche di gestione, la loro concretezza e la declinazione coerente delle previsioni sono i punti del piano sui quali l’attestazione di fattibilità deve ancorarsi. La profondità dell’analisi di questi aspetti e la ragionevolezza degli stress test misura la solidità del giudizio di fattibilità e dell’articolazione logica della relazione, suo cui solo, e veniamo al secondo aspetto, può svolgersi la verifica giudiziale di ammissibilità, volta ad escludere che l’iter argomentativo dell’attestatore sia manifestatamente incoerente od illogico, ed estranea al sindacato di merito, rimesso invece al giudizio informato dei creditori.
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