Aumento di capitale con finanziamento soci: l’enunciato non paga il 3% – Andrea Rossi su Il Sole 24Ore
Il Sole 24Ore ha pubblicato lo scorso 6 marzo un mio commento sul Principio dell’Enunciazione in merito al quale la Massima n. H.G.38 del Comitato Notarile del Triveneto ammette “in caso di aumento a pagamento del capitale sociale, la compensazione tra il debito del socio che ha sottoscritto l’aumento ed il debito che la società ha verso il socio sottoscrittore per finanziamenti soci (e ciò anche nel caso di aumento a pagamento a seguito di azzeramento del capitale o di riduzione del capitale al di sotto del minimo di legge per perdite).”
Tuttavia l’utilizzo del finanziamento soci in sede di atto notarile rientrerebbe nell’ambito di applicazione del Principio di Enunciazione di cui all’art.22 DPR 131/186 secondo cui se in un atto sono enunciati atti scritti non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto, si applica l’imposta del 3% anche alle disposizioni enunciate (Cassazione n. 15585/2010). Tuttavia tale principio è stato recentissimamente confutato con le due sentenze n. 3839 e n. 3841 pubblicate l’8 febbraio 2023 con il quale la stessa Cassazione ha sancito che nell’ipotesi di un contratto verbale di finanziamento l’enunciazione non comporta l’applicazione dell’imposta di registro del 3% laddove non permangono gli effetti del finanziamento soci, che in questo viene convertito in capitale.
Pertanto, nell’attesa di un Circolare Ministeriale a supporto di tale recente tesi della Suprema Corte, l’eventuale enunciazione di un finanziamento verbale nell’atto notarile di aumento di capitale nel caso in esame non dovrebbe comportare la tassazione del 3%.
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