Ammissibile la proroga della sospensione delle procedure esecutive ex art. 20 Lg. 44/1999 (c.d. legge anti-usura)
Con provvedimento qui unito il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Rovigo, con motivazione per quanto noto inedita, ha accolto l’istanza di sospensione della procedura esecutiva formulata dal debitore, per effetto di provvedimento reso dalla competente Procura della Repubblica di proroga di precedente ordinanza ex art. 20 Lg. 44/1999 (c.d. legge anti-usura).
Giova ricordare che il citato articolo, in corso di indagini per i delitti presupposto (usura ed estorsione) e previa apposita istanza della parte offesa, concede facoltà alla Procura della Repubblica competente di emettere un provvedimento di sospensione delle procedure esecutive pendenti a carico della stessa persona offesa, per una durata massima di giorni 300.
Il fine solidaristico che permea la norma è quello di consentire alla persona offesa, nel tempo necessario allo svolgimento delle indagini e all’accesso al fondo di solidarietà per le vittime dell’usura, di evitare un aggravamento della propria posizione economico-finanziaria, presumibilmente difficile in conseguenza del reato subito.
Accade sovente tuttavia che i tempi lunghi di accesso al fondo e di espletamento delle indagini, portino a naturale scadenza la sospensiva richiesta, con conseguente prosecuzione delle iniziative esecutive già intraprese (anche da creditori diversi dall’indagato, nel caso di specie un istituto bancario): nel silenzio della legge sul punto, si pone quindi il problema della legittimità o meno di un provvedimento di proroga della sospensiva già a suo tempo conessa.
All’interno del significativo dibattito di dottrina e giurisprudenza sul punto, si pone la decisione resa dal Tribunale rodigino, a parere del quale il Giudice dell’esecuzione avrebbe un vero e proprio obbligo di dare corso al provvedimento (discrezionale) del Pubblico Ministero, essendo facoltà del creditore eventualmente reclamare la proroga concessa avanti la competente Autorità.
Il Tribunale di Rovigo risolve quindi la discussa questione in modo assolutamente inedito, per quanto noto, ma probabilmente aderente al dato letterale della norma in commento e al fine solidaristico sopra richiamato.
Lo strumento penale si può porre, come nel caso di specie, quale estrema ed ultima ratio di risoluzione della crisi di impresa, laddove l’iniziativa sia suffragata da importanti elementi probatori indiziari e precise ricostruzioni del quadro legale della fattispecie, comportando una sospensione anche delle azioni esecutive intraprese in sede civile dai creditori della persona offesa.
Avv. Matteo Zanotelli – Avv. Alberto Iadanza
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