Adeguatezza delle attestazioni nel concordato preventivo
Oggi su Il Sole 24 Ore ho avuto modo oggi di commentare alcune ultime sentenze della Corte di cassazione, riferite ai requisiti delle attestazioni, che costituiscono una ottima opportunità per derivarne indicazioni utili per i professionisti che di questo si occupano, a vario titolo.
Le sentenze 7959 e 7975 dello scorso 28 marzo 2017 della Corte di Cassazione confermano e precisano il perimetro del controllo giudiziale di ammissione delle procedure di concordato preventivo.
La corretta informativa di cui i creditori sono destinatari impone al giudice, secondo l’orientamento di legittimità inaugurato con la sentenza SSUU 1523/2013, una verifica penetrante sui requisiti di ammissione, tra cui la adeguatezza della attestazione di cui all’articolo 161, comma 3, Legge Fallimentare.
Due le aree di verifica,
- la professionalità e l’indipendenza dell’attestatore, su cui la Suprema Corte è recentemente intervenuta con sentenza n. 4915 del 27 febbraio 2017 e ordinanza 9927 del 19 aprile 2017,
- i requisiti di completezza e condivisibilità della relazione, affinchè ai creditori sia offerto un quadro adeguato a consentire loro di assumere con il voto una posizione informata su piano e proposta concordatari.
La delimitazione del controllo giudiziale è punto delicato e tutt’altro che risolto, ma è ormai certo che l’intervento del tribunale non è di secondo grado, e consiste nella verifica non solo di mera logicità e formale completezza dell’attestazione, ma anche e soprattutto di fondatezza del giudizio su riscontri autonomi, effettuati “dall’interno” e adeguatamente circostanziati, assimilabili a quelli ottenibili da una consulenza tecnica. L’attestatore assume quindi un ruolo analogo all’ausiliario del giudice, seppur nominato dal debitore, posto che la stessa legge in alcune circostanze, quali le relazioni richieste per l’erogazione di finanza ponte prededucibile o per il pagamento di creditori antecedenti, ai sensi dell’art. 182-quinquies, commi 1 e 5 della Legge Fallimentare di fatto esclude che i destinatari naturali del giudizio siano solo i creditori, e non anche il tribunale stesso che da quel giudizio può, se del caso, discostarsi. L’attestatore non può quindi semplicemente acquisire i contenuti del piano, dovendo necessariamente operare propri e precisi riscontri, ottenendo elementi probativi sufficienti alla espressione del giudizio, come del resto gli stessi principi di Attestazione (approvati dal CNDCEC il 3 settembre 2014) richiedono.
L’ambito del controllo giudiziale è duplice. Ampio e penetrante con riferimento alla veridicità dei dati, e più limitato sulla condivisibilità della relazione e sulla fattibilità del piano.
La veridicità dei dati è requisito che va interpretato, secondo l’orientamento della Cassazione (sentenza n. 7975/2017), in senso allargato. Essendo stata espunta dalle condizioni di ammissibilità, già con la riforma introdotta con D.l. 35/2005 (Legge n. 80/2005), la regolare tenuta della contabilità, la “veridicità” dei dati aziendali non riferisce al solo aspetto contabile, quanto a tutti quelli inclusi nei documenti da produrre, unitamente al ricorso, ai sensi dell’articolo 161, comma 2, lettere a), b) e c), e quindi l’aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, lo stato analitico estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori e dei titolari di diritti reali sui beni del debitore. Sulla veridicità di questi dati l’attestatore deve esprimersi, e nella consapevolezza di avere una, ed una sola, occasione, senza possibilità di rimedio od integrazione. La Suprema Corte, in continuità con l’orientamento espresso prima della riforma sulla precedente configurazione di concordato preventivo (Cass. n. 5562/2004, Cass. n. 9201/1990, Cass. 3527/1989), giudica insanabile la carenza del requisito di veridicità, ove si manifesti in corso di procedura o, e tantopiù, nella fase prodromica , ai sensi dell’articolo 162 Legge Fallimentare. A nulla vale quindi lo sforzo dell’attestatore che modifichi o integri il proprio giudizio di veridicità dei dati dopo il deposito, trattandosi di un requisito dell’”incartamento” che non può sopravvenire in seguito. La disciplina, in effetti, pare consentire solo l’integrazione del piano fino a due settimane prima dell’adunanza o la produzione di nuovi documenti. (articoli 161, comma 2, lettera e, 162, 172, comma 2).
Sulla fattibilità del piano il controllo giudiziale incontra un limite preciso nel diritto dei creditori ad una autonoma in insindacabile valutazione economica. Il tribunale dovrà accertare quindi la sussistenza o meno di una manifesta inattitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati (Cass. n. 12964/2016), ossia a realizzare la causa concreta del concordato. I creditori dovranno quindi potersi esprimersi su una proposta plausibile, rispetto all’alternativa fallimentare, e il ruolo del tribunale è la tutela di questo diritto (Cass. n. 4915/2017).
Con riferimento all’indipendenza, l’interpretazione si fa sempre più restrittiva. E’ quanto emerge dalla ordinanza della Corte di Cassazione n. 9927 del 19 aprile 2017, aggiungendo quale nuovo elemento di valutazione la collaborazione strutturata dell’attestatore con l’advisor.
Il professionista attestatore deve possedere i requisiti di cui all’articolo 67, comma 3, lettera d) della Legge Fallimentare, tra cui l’indipendenza rispetto al debitore ed a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento. Suscettibili di compromettere l’indipendenza sono, secondo presunzione legale assoluta, la presenza nei cinque anni precedenti di rapporto di lavoro dipendente od autonomo con il debitore , anche per il tramite di associazione professionale, o la partecipazione nello stesso periodo ai relativi organi di amministrazione o di controllo, ed in via residuale la sussistenza di rapporti personali o professionali a questo fine significativi, con il debitore o con chi ha interesse all’operazione.
A tracciare il perimetro aveva contribuito l’Istituto di Ricerca del CNDCEC con circolare n. 30/IR dell’11 febbraio 2013, che aveva identificato nei creditori e nei professionisti incaricati i soggetti interessati all’operazione, oltre al debitore, ed aveva escluso dalla nozione di associazione professionale rilevante ai fini dell’indipendenza gli accordi di mera condivisione di costi. La giurisprudenza di merito (Trib. Modena, 12 giugno 2013) restrinse il campo, negando il requisito di indipendenza all’attestatore che utilizzasse in comodato alcuni locali di professionisti creditori dell’impresa in crisi, in forza di consulenza prestata, o ne condividesse servizi utili allo svolgimento in generale della professione.
Tale circostanza trova conferma e ulteriore delimitazione nella citata ordinanza della Suprema Corte, che qualifica come suscettibili di compromettere l’indipendenza dell’attestatore sia la sua sistematica collaborazione professionale con il professionista incaricato dal debitore per la predisposizione del piano concordatario e la proposta, sia anche la circostanza per cui tale professionista sia creditore, e quindi soggetto interessato, all’operazione.
La conseguenza della carenza del requisito di indipendenza è radicale ed insanabile, ed impedisce all’attestatore di essere ed apparire nel giudizio di un terzo obiettivo ed informato la figura di garanzia nell’interesse di proponente, creditori e procedura stessa che la legge disciplina. L’eccezione è tuttavia diversamente rilevabile. Le circostanze che operano ex lege comportano un difetto di nomina, mentre le altre richiedono una valutazione dedicata e il relativo accertamento, ad opera del giudice, su stimolo anche del Commissario o dei creditori.
Una volta accertata la carenza di indipendenza trova applicazione l’articolo 162, comma 2, Legge Fallimentare, che disciplina l’obbligo del giudice, che rilevi nel corso del procedimento di ammissione al concordato il difetto dei presupposti, di dichiararlo inammissibile.
Appare suggeribile pertanto un atteggiamento prudente del professionista prima di accettare l’incarico, poiché credibilità e valore del suo lavoro, anche diligentemente eseguito, possono essere insanabilmente compromessi ove la sua indipendenza sia eccepita.
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